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ENTRO IL 2026 L’IA FARÀ RISPARMIARE A LIVELLO GLOBALE 300 MILIARDI DI DOLLARI: SENSOWORKS HA GIÀ IDEATO LE PRIME SMART CITY GESTITE INTERAMENTE DA ALGORITMI.

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ATTUALITÀ

Grazie all’Intelligenza Artificiale ed ai servizi di Smart Parking, nei prossimi 5 anni ogni automobilista vedrà diminuire di 36 ore il tempo passato nel traffico. Sono molti i comuni italiani a manifestare interesse verso gli ecosistemi di Intelligenza Artificiale avanzati ideati da Sensoworks, la startup italiana specializzata in monitoraggio infrastrutturale supportata da piattaforme multilivello.

 

Tra il boom dell’e-commerce, la crescita tecnologica e l’avanzamento digitale, il Coronavirus ha premuto l’acceleratore anche sui progetti di «smart city»«circular city». Ecco allora in tempi di Covid-19 pronte a nascere in Italia le prime città controllate dall’intelligenza artificiale. A darne l’annuncio è Sensoworks, la startup italiana specializzata in monitoraggio infrastrutturale supportata da piattaforme multilivello.


Grazie alla startup romana presto vedremo concretizzarsi i primi progetti di «smart city» dotate di un ecosistema nel quale le piattaforme software e i dispositivi connessi interagiranno con le attività quotidiane, dallo «smart parking» allo «smart waste management».


Sensoworks (www.sensoworks.com), annuncia così la nascita di sistemi per smart city «avanzate», in cui grandi masse di dati raccolti da sensori sparsi in ogni angolo urbano vengono rielaborati dagli algoritmi per gestire sistemi automatizzati, mantenere in funzione servizi e rispondere alle esigenze dei cittadini.


Dei 1.200 progetti di smart city ad oggi finanziati nel mondo, circa la metà si trovano in Cina. «Ma l’Italia può ancora vincere la sfida contro il colosso asiatico e conquistare la leadership nelle tecnologie digitali connesse alla sostenibilità ambientale ed alla transizione energetica» sottolinea Niccolò De Carlo, ceo e co-fondatore di Sensoworks (www.sensoworks.com).


Quello che distingue il progetto «Sensoworks Smart City» è la presenza di un unico ecosistema nel quale le piattaforme software e i dispositivi connessi —includendo anche lampioni intelligenti, automobili, wearables e smartphone— interagiscono con le attività quotidiane della città, dallo «smart parking» alla raccolta dei rifiuti (smart waste management), dal supermercato intelligente allo «smart hospital».


Nelle «smart city» di Sensoworks l’Internet delle cose (IoT) raccoglierà le informazioni e le trasferirà ai sistemi di intelligenza artificiale (IA), che li elaboreranno riuscendo così ad anticipare i bisogni degli abitanti.


La startup italiana specializzata in monitoraggio infrastrutturale ha ragionato a 360 gradi, riuscendo a concepire una piattaforma che chiude il divario tra l’«IA» e lo «IoT», progettandone non solo il software ma anche i manufatti, spesso rivoluzionari.


Uno di questi prodotti altamente innovativi è ad esempio il dispositivo realizzato da Sensoworksinsieme ad una delle principali multiutility italiane, attiva nella gestione e sviluppo di reti e servizi relativi all'acqua, all'energia ed all’ambiente.


Si tratta di un multisensore da inserire nei contenitori dell’immondizia, che —mediante misuratori di peso, di pH , di gas ed altri sensori, includendo anche un accelerometro— è in grado di misurare e comunicare il tempo reale la percentuale di riempimento del contenitore, il peso raccolto, la temperatura, il cambiamento di inclinazione, l’eventuale scoppio di un incendio, un impatto a causa di un’ipotetica collisione.


«Attraverso la raccolta dell’immondizia in funzione dei dati trasmessi in tempo reale dai contenitori stessi, realizzeremo importanti risparmi sia in termini economici che di emissioni di anidride carbonica» assicura il ceo e co-fondatore di Sensoworks (www.sensoworks.com).


Poi ancora —senza escludere aspetti più personali ma comunque urbani come le finestre in grado di autoregolare la loro opacità per svegliare dolcemente le persone oppure i robot che basandosi sul meteo suggeriscono cosa indossare— un’altra direttrice importante seguita da Sensoworks è quella dello «smart parking».


Nelle «Sensoworks Smart City», grazie all’installazione di sensori di presenza sugli stalli cittadini, le amministrazioni e gli automobilisti potranno conoscere preventivamente lo stato dei parcheggi, arrivando così al massimo utilizzo delle risorse di sosta, a maggiori profitti per i gestori e ad una migliore esperienza per i cittadini.


«Con uno smart traffic management come quello di Sensoworks, basato sullo scambio di dati in tempo reale tra veicolo e veicolo e tra veicolo ed infrastruttura viaria, l’ecosistema cittadino potrà avere sempre sotto controllo tutti i livelli di traffico» conclude Niccolò De Carlo.


Così, grazie allo «smart parking», ai sistemi «Vehicle-to-Everything» (V2X) —evoluzione dell’Internet of Things applicata alle automobili— ed alle connessioni ai sensori disseminati lungo le principali arterie cittadine, entro i prossimi 5 anni ogni automobilista vedrà diminuire di 36 ore annue il tempo sprecato in mezzo al traffico.


«Grazie ai nuovi sistemi automatizzati di gestione del traffico ed all’integrazione di soluzioni di Intelligenza Artificiale sarà possibile risparmiare a livello globale circa 300 miliardi di dollari entro il 2026» concludono gli analisti di Sensoworks.


Un risparmio per i governi nazionali in crescita del +68,6% nei prossimi 5 anni rispetto all’attuale previsione di 178 miliardi di dollari stimati per il 2021.


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CAPOVERDE, SANTO DOMINGO, ZANZIBAR: PER HALLOWEEN GLI ITALIANI CERCANO IL SOLE, VAMONOS VIAGGI TRACCIA UN PROFILO STORICO DELLA TANORESSIA

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09/09/2023

ATTUALITÀ

di Redazione

 

«Otto italiani su 10 riconoscono l’essere abbronzati come sinonimo di salute, ma oggi l’estetica vacanziera richiede una pelle mai troppo scura» sottolineano i responsabili di Vamonos-Vacanze.it.

Dalla pallidezza “nobiliare” alla tanoressia, ecco l’ossessione degli italiani per il sole, messa in evidenza da Vamonos-Vacanze (www.vamonos-vacanze.it), il tour operator italiano specializzato in vacanze di gruppo, che ha registrato un boom di richieste per i “Viaggi di Halloween al caldo” a Capo Verde (dal 28 ottobre al 5 novembre), Santo Domingo (dal 28 ottobre al 5 novembre), Sharm El Sheikh (dal 29 ottobre al 5 novembre) e Zanzibar (dal 24 ottobre al primo novembre) e che con l’occasione ha tracciato un profilo storico dell’abbronzatura.

Oggi 8 italiani su 10 riconoscono l’essere abbronzati come sinonimo di salute, fino ad arrivare alla tanoressia, neologismo derivato dall’inglese «tan» (abbronzatura) e dal greco «órexis» (appetito).

«Detta anche sindrome da “tanning addiction”, la tanoressia può essere considerata —parimenti all’anoressia— una dispercezione corporea: se chi è anoressico non si vede mai abbastanza magro, allo stesso modo chi è tanoressico non ritiene mai di essere sufficientemente abbronzato» spiegano gli esperti di Vamonos-Vacanze.it.

La compulsione ad esporsi esageratamente al sole è un costume antico e radicato (i nostri antenati veneravano questo nostro astro, visto come una “palla di fuoco” misteriosa a cui offrire sacrifici) che però è in continua evoluzione.

«In epoca vittoriana —ma anche nell’Europa medioevale e perfino nella Grecia Antica— la pallidezza era considerata la manifestazione esterna dell’aristocrazia, in opposizione ai contadini costretti a lavorare nei campi, esponendosi dunque al sole» fanno presente gli specialisti di Vamonos-Vacanze.it.

Poi, però, nel 1920, Coco Chanel —rientrata sulla riviera francese da una crociera nel Mediterraneo— riportò in auge l’abbronzatura, iniziando a consigliare a clienti ed amiche di prendere un po’ di colore per valorizzare meglio gli abiti della sua maison, con le sue collezioni dagli orli più corti che si ribellavano ai puritani valori vittoriani e rivalutavano “workwear” e “sportwear” come fonte di ispirazione.

E poi ancora, nel 1928, Jean Patou creò «Huile de Chaldée», il primo olio abbronzante; e pochi anni dopo, nel 1935, Eugène Schueller sviluppò «Ambre Solaire», un olio che assorbiva i raggi UV permettendo di abbronzarsi 5 volte più velocemente del normale: l’azienda divenne così famosa da essere successivamente acquisita da L’Òreal.

Nel 1946 esplose quindi la «rivoluzione del bikini» che —oltre a liberare i corpi— rendeva maggiormente necessario usare prodotti sia per favorire l’abbronzatura che —e soprattutto— per proteggersi dal sole. Così, a partire dal dopoguerra l’abbronzatura è diventata uno «status symbol», indicatore di benessere, tempo libero e disponibilità economica per viaggiare in luoghi caldi anche d’inverno.

Nacque così anche il mercato dei prodotti auto-abbronzanti e delle lampade solari, per rispondere alla domanda di chi —senza volare ai tropici— volesse abbronzarsi anche d’inverno: «un segmento che oggi è stimato valere 20 miliardi di euro» rimarcano gli ideatori di Vamonos-Vacanze.it.

I “millennial” —soprattutto quelli nati a inizio degli Anni Ottanta— sono stati protagonisti e testimoni dell’ossessione per l’abbronzatura a tutti i costi, ottenute a volte utilizzando, con tecniche discutibili, miscele di prodotti “fai da te” che includevano perfino la Coca Cola; mentre le generazioni più giovani —gli “zillennial”— si trincerano invece nella crema solare “protezione 50”, molto più timorosi dei danni che il sole potrebbe loro procurare.

«Oggi, nel 2023, l’estetica vacanziera richiede una pelle sì abbronzata ma anche idratata e mai troppo scura» concludono gli specialisti di Vamonos-Vacanze.it.

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